Il pregio della mostra di Villa Ciani sulla Fiera Svizzera di Lugano è quello di andare oltre il semplice ricordo di un evento unico e importante legato ad un periodo travagliato come quello che va dal 1933 a 1953. Il visitatore, soffermandosi sull'uno o l'altro aspetto, può infatti percepire non solo il valore storico di una mostra frutto di una vera e propria ricerca pluridisciplinare, ma anche l'implicito confronto con lo scenario odierno.
Appare utile riflettere sui temi e i valori veicolati a quell'epoca dai simboli della cartellonistica o dalle proposte economiche, sociali e culturali della Fiera: dalla messa in valore della produzione locale, alla creatività di un associazionismo civico manifestato da spettacoli teatrali, musicali e folcloristici, ai fermenti innovativi nelle arti figurative e nell'architettura. Aspetti reali e immaginari che il pubblico d'allora, locale e confederato, accolse con grande favore.
È proposta una tavola rotonda, introdotta da Remigio Ratti e Antonio Gili in cui riflettere sui valori, immagini e immaginario collettivo ipoteticamente pensabili o meno nello scenario della globalizzazione, dove il locale affronta direttamente il globale.
Abbiamo captato queste aspettative in occasione delle visite guidate e abbiamo chiesto ad alcuni degli accompagnatori - il musicologo Carlo Piccardi, il geografo Claudio Ferrata e lo storico e pubblicista Orazio Martinetti - di esprimere il proprio pensiero riguardo alla situazione odierna, confrontandosi positivamente con gli interrogativi del pubblico in sala; domande di chi pensa ad un Ticino e una Svizzera scossi nella propria territorialità, nella propria capacità di trovare un equilibrio interno/esterno di fronte ai mutamenti, in bilico tra arroccamenti patriottici, identità incerte, nuove frontiere e devastanti aperture.
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